Il club delle lettrici compulsive

Salutiamo Wilbur Smith

Con grande dispiacere, oggi salutiamo Wilbur Smith.

Si è spento sabato, nella sua casa a Cape Town, serenamente, e lascia in tutti i suoi lettori un grande vuoto.

Wilbur Smith nacque nel 1933 nell’allora Rhodesia del Nord, studiò economia e fece il contabile per anni fino al successo di “Il destino del leone”, nel 1964. Da allora ha pubblicato decine di romanzi intrisi di avventura, di passione e di storia, che hanno incollato alle pagine generazioni di lettori e che hanno fatto sognare imprese eroiche ed epoche lontane a tutti noi.

wilbur smith

La prima volta che incontrai uno dei suoi romanzi, in biblioteca, ero una ragazzina di soli undici anni e sicuramente non avrei avuto l’età per leggerlo, ma lo feci lo stesso e lo adorai immediatamente. Non avevo mai letto nulla di tanto esplicito, tanto violento e allo stesso tempo affascinante, ne rimasi così incantata che comprai il libro in una bancarella dell’usato e lo prestai a mia sorella, che per un bizzarro colpo del destino lo portò con sé per anni, anni in cui siamo state separate e che mi restituì quando finalmente ci siamo ritrovate dicendomi che l’aveva aiutata a pensare a me per tutto quel tempo.

I romanzi egizi sono stati la mia passione per anni, tanto da indurmi alla scelta scellerata di laurearmi in archeologia e di inserire egittologia nel piano di studi. Non l’avessi mai fatto. Ho pianto come una bambina quando ho visto avvicinarsi la costa egiziana dall’alto del mio volo Egyptair e non vi dico in che stato ero la prima volta che sono entrata nel tempio di Karnak e mi sono resa conto di saper leggere i geroglifici. Disastro. Una scena patetica che probabilmente fa ancora ridere le mie compagne di corso.

Comunque ad archeologia tutti leggevano quei romanzi, non è che fossi l’unica eh. C’è poco da ridere. Tsk!

I romanzi di Wilbur Smith, con il tempo, sono diventati una sorta di confort zone, come amici di vecchia data che potevo ritrovare in qualsiasi momento, letture rilassanti ma appassionanti, a volte un po’ trucide (sì, ho capito di essere diventata una mollacciona quando ho saltato uno dei passaggi più sanguinosi dell’ultimo romanzo perché troppo grafico nella descrizione), ma stranamente rassicuranti, perché l’eroe vince sempre, si riscatta sempre, nonostante le peggio cose.

Direi come nelle favole, ma diciamo che il paragone sarebbe leggermente azzardato! Magari una dei fratelli Grimm? Una sorta di “sopravvissero felici e contenti”, magari?

I romanzi di Wilbur Smith sono iperbolici, con quell’atmosfera retrò per niente politically correct che fa storcere il naso, ma catturano e portano lontano e, senza dubbio, quando riuscirò a finirli tutti (perché sicuramente qualcuno me lo sono perso per strada), proverò malinconia. Non credo che sarebbe stato il tipo di persona che sarei stata felice di conoscere, perché il suo e il mio modo di pensare erano praticamente agli antipodi, ma ne sentirò la mancanza, come se fosse un caro zio al quale si vuole bene nonostante tutto.

Se c’è una cosa di cui sono certa, però, è che Wilbur Smith continuerà a vivere attraverso le sue parole e, per i suoi lettori, non andrà mai via davvero.

Grazie di tutto, signor Smith.

Resta connessə. Segui la nostra pagina Facebook e iscriviti alla newsletter, in modo da non perderti nemmeno una novità.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.