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La critica alla società di Canto di Natale

Oggi partecipiamo al blog tour di Canto di Natale e la nostra tappa riguarda la critica alla società vittoriana che Dickens muove in questo suo famosissimo testo. Prima di cominciare, vi lascio il banner dell’evento, in modo che possiate recuperare le tappe delle altre bravissime blogger che vi hanno preso parte.

la critica alla società vittoriana

Se vi dico Canto di Natale vi verrà sicuramente in mente il famosissimo libro di Dickens, magari nella sua trasposizione più famosa, ovvero quella della Disney, con Topolino a interpretare il povero Bob Cratchit e Paperone nei panni di Scrooge.
Perché in effetti, Canto di Natale è famosissimo. Tutti, prima o poi, ci siamo imbattuti in un suo brano, in una sua citazione o in una delle sue trasposizioni cinematografiche.

La critica alla società vittoriana. Il frontespizio della prima edizione di Canto di Natale, illustrato da John Leech.

Ma l’abbiamo davvero capito?

Di recente, ho scritto un articolo sulle allegorie parlando di I viaggi di Gullliver e, giocoforza, ho inserito anche Canto di Natale perché più allegorico di così non si può.

Contestualizziamo.

Siamo nel 1843, anno in cui viene pubblicato il libro. In piena era vittoriana. E per i meno abbienti non è un carnevale di Rio, ecco. Tutt’altro. Chi ha debiti che non riesce a pagare, finisce in prigione e le patrie galere non sono certo posti salubri. Sporche, sovraffollate, con scarsità di cibo già di partenza di infima qualità.

L’industrializzazione ha portato la popolazione a spostarsi dalle campagne alle città perché è più facile trovare lavoro. Con un’ingente massa di forza lavoro in arrivo ogni giorno, inevitabilmente gli stipendi si abbassano.

Avete presente quando mi arrabbio perché c’è gente che risponde “Ringrazia che hai un lavoro, non ti lamentare dello stipendio”? Ecco. Questo è ESATTAMENTE il motivo per cui mi arrabbio: svendere una professionalità qualsiasi perché basta lavorare, porta per forza di cose a un abbassamento dello stipendio che normalmente si richiederebbe per la tal professione. Fine del pippone. Forse.

Comunque, dicevamo.
Le persone affollano le città e si ammassano nei quartieri alla loro portata che diventano sovrappopolati.
Sovrappopolazione + stipendi bassi ai limiti dello sfruttamento + condizioni igieniche terribili = degrado, per farla brevissima.

La critica alla società vittoriana. Il fantasma del Natale presente con Ignoranza e Miseria. Illustrazione di John Leech.

Anche perché più persone si spostano e più i prezzi degli affitti salgono. Le famiglie si ritrovano a vivere ammassate in spazi minuscoli pagando cifre esorbitanti per l’affitto di ruderi pericolanti. Crolli e incendi sono praticamente all’ordine del giorno. Lo stesso vale per le malattie, viste le scarsissime condizioni igienico-sanitarie dei bassifondi.

La mortalità infantile è altissima non solo per malattie e malnutrizione, ma perché i bambini sono costretti a lavorare per contribuire alle spese che la famiglia deve sostenere. Sono impiegati come spazzacamini, nelle fabbriche, nelle miniere, come garzoni, ma sempre sfruttati e sottopagati, ovviamente.

Non c’è un diritto all’infanzia, non c’è assistenza sociale, non ci sono aiuti di alcun genere.
Nascono i primi ricoveri per i poveri grazie alla beneficienza dei ceti borghesi. E parliamone, perché in questi luoghi totalmente depersonalizzanti, si muore di fame, di malattia, di fatica o di botte. Esattamente come sulla strada, insomma, ma con meno libertà perché le famiglie venivano, oltretutto, separate.

Canto di Natale.

Dickens inserisce ciò che vede con i suoi occhi nel suo libro. E non solo. Inserisce anche ciò che ha vissuto sulla sua pelle perché anche suo padre era stato imprigionato per debiti e, per sbarcare il lunario, la madre lo aveva mandato a lavorare in una fabbrica di lucido per scarpe, abbandonandolo a se stesso e lasciandolo in affido a un’altra coppia.

Il padre poi riuscirà a riportare la famiglia agli antichi fasti perché erediterà una cifra ragguardevole, ma il cammino di Charles è segnato. Il tema della povertà, della fame, dello sfruttamento del lavoro minorile e in generale delle orrende condizioni di vita dei ceti più bassi torneranno come temi ricorrenti in molti dei suoi lavori, da Oliver Twist a La piccola Dorrit (dove illustra anche la vita nella prigione in cui è stato rinchiuso il padre e dove Dorrit nasce – La legge prevedeva che le famiglie potessero condividere la cella con i condannati in attesa che ripagassero i loro debiti).

In Canto di Natale, Dickens pone l’accento sulle discrepanze sociali che vede con i suoi occhi tutti i giorni. Accanto a case lussuose, i cui abitanti non si privano di nulla, dal cibo sulla tavola ad abiti puliti e a un’istruzione degna di questo nome e che permetterà loro di trovare un lavoro dignitoso (o di contrarre un matrimonio vantaggioso – Sulla condizione femminile nell’epoca vittoriana ci torneremo prima o poi, perché è interessante), sorgono quartieri malfamati dove la fame e la delinquenza dilagano al pari delle epidemie di colera e di tubercolosi.

La beneficienza è fatta dalle classi nobili più agiate per darsi un tono, per ripulirsi la coscienza in qualche modo, non è quasi mai sentita, non è quasi mai seguita da una vera e propria lotta contro le ingiustizie.

Attraverso un linguaggio semplice e attraverso esempi facilmente comprensibili, Dickens ha cercato a suo modo di cambiare e di influenzare la comunità in cui viveva. La feroce critica nei confronti della società vittoriana contenuta in quasi tutte le sue opere contribuirà a definirlo come padre del romanzo sociale.

Siamo arrivati alla fine dell’articolo. Se seguite il blog, saprete che tutti gli anni, il 24 dicembre riposto la recensione di Canto di Natale. Mi sembra sempre un buon modo di farvi gli auguri… un grande classico che ispira generosità e che cerca di sottolineare quanto sia doveroso dare importanza alle cose che contano davvero nella vita. E no, non sono i soldi. Vi lascio il link alla recensione.

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NdA: tutte le immagini sono prese da Wikipedia e sono di pubblico dominio.

 

Pubblicato da Sara Emme

Sono Sara e sono una lettrice compulsiva. Ho vissuto in Cina dal 2009 al 2017. Oltre ai libri, amo i viaggi, la fotografia, i gatti e la buona cucina. Appassionata di Harry Potter e del magico mondo creato dalla Rowling, passo la vita trascinando il mio povero marito (sant'uomo!) per i parchi a tema sparsi per il mondo.

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