Il club delle lettrici compulsive

Babel – R. F. Kuang

Babel. Una storia arcana Book Cover Babel. Una storia arcana
R. F. Kuang
Fantasy
Oscar Vault
2023
Digitale - Cartaceo
600
Fornito dalla casa editrice
Giovanna Scocchera

Oxford, 1836. La città delle guglie sognanti. Il centro di tutta la conoscenza e l'innovazione del mondo. Al suo cuore c'è Babel, il prestigioso Royal Institute of Translation dell'Università di Oxford. La torre da cui sgorga tutto il potere dell'impero. Rimasto orfano a Canton e portato in Inghilterra da un misterioso tutore, Robin Swift credeva che Babel fosse un paradiso. Fino a che non è diventata una prigione… Può uno studente lottare contro un impero?

Oggi partecipiamo al review party di Babel, un libro di R. F. Kuang pubblicato da Oscar Vault Mondadori. Prima di cominciare, vi lascio il banner dell’evento in modo che possiate recuperare le recensioni delle altre bravissime blogger che vi hanno preso parte e farvi così un’idea più completa del libro.

babel

Ero molto incuriosita da Babel. Non ho letto ancora nulla dell’autrice, ma ne ho sentito parlare diffusamente in riferimento alla trilogia di La guerra dei papaveri che, nella mia compulsività, ho acquistato ma non ancora letto.

Ho iniziato a leggere il romanzo piena di aspettative. All’inizio, però, sono rimasta piuttosto delusa. Per circa un terzo del romanzo la narrazione è lenta, molto descrittiva, con digressioni sul significato di questa o quella parola. Inoltre, il testo è infarcito di note e questo ha rallentato tantissimo la lettura, disturbandola molto. In realtà, le note sono molto utili per spiegare tante cose, ma francamente sono davvero troppe.

A un certo punto, però, il racconto ha ingranato la marcia ed è diventato davvero coinvolgente e intrigante e mi sono immersa senza riuscire a staccarmi tanto è diventato interessante.

Ma partiamo dall’inizio. Protagonista del romanzo è Robin Swift, un ragazzino cinese che viene salvato dalla pestilenza a causa della quale sono morti tutti i suoi parenti e che viene portato dal suo tutore in Inghilterra. Viene mandato a studiare a Oxford, dove viene coltivata la conoscenza delle lingue, grazie alla quale gli inglesi riescono a far funzionare l’argento che dona magia e potere agli aristocratici.

La vicenda è ambientata nel 1836, momento in cui l’impero inglese si assicura il potere di cui gode grazie ai traduttori e all’argento.

Londra si era accaparrata la fetta più sostanziosa di tutto l’argento e di tutte le lingue del mondo, e il risultato era una città più grande, più pesante, più veloce e più splendente di quanto la natura potesse concedere. Londra era vorace, ingrassava a spese delle sue prede e tuttavia, in qualche modo, soffriva la fame. Londra era inconcepibilmente ricca e disperatamente povera.

Robin studia, appunto, per diventare traduttore, e nel suo percorso conosce Rami e Victoire, come lui stranieri, e Letti, inglese, figlia femmina di un ammiraglio inglese che, dopo la morte del primogenito, ripiega su di lei perché diventi traduttrice.

Era stato disperatamente solo, l’aveva capito soltanto ora, ma adesso non lo era più, e ciò che provava era così bello da confonderlo.

I quattro ragazzini vengono a contatto con il gruppo segreto di Hermes, che ruba ai ricchi per dare ai poveri e che cerca di contrastare lo strapotere degli aristocratici inglesi ai danni dei loro coloni cinesi e indiani.

Com’erano esili e fragili, le fondamenta di un impero. Una volta eliminato il centro, che cosa restava? Una periferia boccheggiante, senza base, senza forza, troncata alle radici.

Tra traduzioni, viaggi, colpi di scena e tradimenti, il romanzo si dipana veloce fino alla fine, con una conclusione che lascia attoniti e increduli.

Il racconto tratta di una miriade di temi importanti e delicati, come il bullismo, il razzismo, il potere nelle mani di pochi e la povertà. L’impero inglese rappresenta il male (forse un po’ troppo), ciò che è da combattere e annientare, ma in effetti i “nemici” rimangono aleatori, rappresentati solo da questo colosso rappresentato dall’impero inglese in toto, contro gli oppressi che invece sono rappresentati dai ragazzi e dalla società segreta Hermes, oltre che dal popolo inglese dei sobborghi, dal popolo cinese e da quello indiano.

La nota davvero positiva è l’accuratezza della ricostruzione storica del romanzo, che la Kuang riesce a fare fino nei minimi dettagli e curando l’ambientazione e rendendola magica e suggestiva.

Mi è piaciuto molto, inoltre, l’aver dato, lungo il racconto, una serie di principi di linguistica, con l’etimologia (interessantissima) di molte parole inglesi e non solo. Peccato che, per poterlo fare, l’autrice abbia riempito le pagine di note che, all’inizio soprattutto, hanno reso più lenta e difficile la lettura, facendola interrompere davvero troppo spesso.

I personaggi, almeno i principali, sono caratterizzati molto bene. C’è Robin che adora leggere, tant’è che si è dato come cognome Swift dal personaggio di uno dei suoi romanzi preferiti, I viaggi di Gulliver (all’inizio del romanzo, infatti, il ragazzo non ha un nome, ma Robin gli viene attribuito dalla balia a cui viene affidato). All’inizio sembra timido e impacciato e anche un po’ vigliacco, forse ancora troppo piccolo per affrontare la lotta a cui gli sta chiedendo di partecipare il fratello Griffin.

Rami, che ho davvero adorato, è un ragazzino indiano, forte e coraggioso e che nasconde un passato triste e difficile.

Anche Victoire è un bel personaggio, nera e anche donna in un mondo fatto soprattutto da uomini bianchi.

Infine c’è Letti, l’unica inglese, che però ha potuto frequentare Oxford solo dopo e grazie alla morte del fratello, e questo la porta ad avere un peso nel cuore che non riesce a superare.

«Non vi rendete conto di quanto sia difficile essere una donna da queste parti» continuò Victoire. «Sulla carta sono tutti molto aperti e progressisti, certo. Ma ci considerano molto poco. […] Ogni minima debolezza che mostriamo è la conferma delle peggiori teorie che circolano sul nostro conto, ovvero che siamo fragili, isteriche, e di natura troppo ingenua per gestire le mansioni che ci vengono assegnate.»

Come dicevo, il romanzo da un certo punto in poi mi ha coinvolta e mi ha assorbito, ma purtroppo ho fatto davvero fatica nella prima parte, tanto che sono stata a un passo dall’abbandonarlo.

Perciò vi dico che, se doveste decidere di leggere Babel, non fermatevi, continuate la lettura superando il blocco iniziale. Vedrete che ne varrà la pena, anche se, devo essere sincera, mi aspettavo qualcosina di più.

Leggerete Babel? Vi aspetto per commentarlo!

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NdA: il libro mi è stato fornito perché potessi recensirlo. Questo non ha influito sulla mia opinione finale.
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