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La leggenda del cacciatore di aquile – Jin Yong

La leggenda del cacciatore di aquile Book Cover La leggenda del cacciatore di aquile
Il cacciatore di aquile #1
Jin Yong
Narrativa storica
Mondadori
1 giugno 2021
Digitale - Cartaceo
480
Alessandra Pezza

Cina, 1200 d.C. L’impero Song è stato invaso dagli Jurchen provenienti dal Nord, la capitale è stata conquistata, insieme a metà del territorio. I contadini sono oppressi dalle pesanti tasse imposte dai vincitori. Nel frattempo, nelle steppe, la frammentata popolazione dei guerrieri mongoli sta per essere unita sotto un signore della guerra il cui nome risuonerà glorioso nei secoli: Gengis Khan. Guo Jing, figlio di un patriota Song assassinato, è cresciuto nell’armata di Gengis Khan. Umile, leale, forse non troppo saggio, ha un destino scritto fin da quando è nato: un giorno si scontrerà con un nemico che è il suo esatto opposto. E ora deve tornare in Cina per compiere quel fato. Ma in una terra devastata dalla guerra e dal tradimento, le sue virtù saranno messe a dura prova.

Oggi parliamo di La leggenda del cacciatore di aquile, un libro di Jin Yong pubblicato in Italia da Oscar Vault Mondadori.

Ultimamente sono parecchio attratta dai romanzi di scrittori orientali, siano essi giapponesi, cinesi, o coreani e chi più ne ha più ne metta. Per questo, quando mi hanno proposto di leggere La leggenda del cacciatore di aquile, non sono proprio stata capace di dir di no. Già mi pregustavo le atmosfere oniriche e magiche che questi autori sono abilissimi a creare. Già immaginavo storie intense, ricche di descrizioni e di narrazioni di leggende e tradizioni asiatiche che tanto mi affascinano.

Mi sono trovata a leggere un romanzo, però, che di tutto quello che mi aspettavo non ne contiene nemmeno l’ombra. Mi sono trovata davanti a un romanzo ben strano, tipo cappa e spada, combattimenti, uccisioni, arti marziali; il tutto sembrava quasi una farsa, una parodia di quei famosi film anni 80 in cui c’erano monaci taoisti che facevano mostra della loro destrezza nel kung-fu, o simili arti marziali (arti che io amo con tutta me stessa, che trovo affascinanti e di un’eleganza spettacolare). 

Tutto ciò in questo romanzo però mi ha infastidito, sembrava tutto dipinto con un sapore ironico e beffardo, che però non era nell’intenzione dell’autore. Sicuramente l’intento era ben altro, ma, almeno per quanto mi riguarda, davvero mal riuscito.

Poiché ho trovato questa narrazione davvero molto strana oltre che noiosa (ripeto, almeno dal mio punto di vista, magari a qualcun altro piacerà tantissimo) tanto da essere stata a un passo dal mollarlo (non l’ho fatto solo perché mi ero presa l’impegno di leggerlo e recensirlo), sono andata un po’ in rete a cercare notizie sul libro e sull’autore. Ho scoperto così che Jin Wong è molto anziano, classe 1924, che questo romanzo è stato scritto negli anni ‘50 ed è il primo di una saga di genere wuxia, una sorta di romanzo d’avventura, come dicevo prima di cappa e spada, cinese; per intenderci il film “La tigre e il dragone” di Ang Lee è di genere wuxia (io però non l’ho visto).

In questo genere l’arte marziale è al centro della narrazione e vengono esaltate le prodezze di questi eroi con le loro mosse pazzesche capaci di uccidere con la delicatezza di una farfalla.

E questo romanzo non è da meno ma, complice la traduzione italiana che probabilmente non ha saputo o potuto rendere appieno il significato dei nomi delle mosse messe in atto dai nostri eroi, il tutto è stato reso in maniera davvero ridicola. In alcuni passi, addirittura mi sembrava di leggere brani riportati nel film Kung-fu panda (che tra l’altro ho visto millemila volte, e che ho adorato davvero!).

Volete un esempio? Eccovi accontentati: 

Nomi delle mosse: “Drago malefico che esce dalla caverna”, “Il cavallo torna alla carica”, “Arcobaleno luminoso solca il cielo”, “Aprire la finestra per accompagnare la luna”.

E ora un piccolo assaggio di un combattimento (tra l’altro davvero surreale!)

Rimase seduto dov’era, concentrato, come dimentico di tutto, ma quando il recipiente gli passò sopra la testa sollevò la mano destra e appoggiò la punta della canna sul suo fondo. La fece girare vorticosamente su se stesso come un giocoliere con i piatti, poi inclinò leggermente la canna, facendolo pendere leggermente da una parte. Per un attimo l’incensiere sembrò sul punto di rovinargli sulla testa, nel qual caso gli avrebbe sicuramente frantumato la scatola cranica. Ma si limitò a inclinarsi, rovesciando una cascata di vino. Ke Zhen’e spalancò la bocca sotto il fiotto continuo. Ingollò a garganella tre o quattro sorsate inzuppandosi i vestiti, poi, con un leggero movimento della canna raddrizzò il recipiente. Un colpo verso l’alto e quello prese il volo, un altro in avanti, che risuonò con un rintocco assordante, e partì rombando verso Qiu Chuji.

Ecco, di queste descrizioni di mosse impossibili ce ne sono millemila in La leggenda del cacciatore di aquile e a una certa ho cominciato ad averne abbastanza. A parte il fatto che ogni volta mi sembrava di vedere i Cinque Cicloni e il maestro Shifu all’opera, e questo ovviamente non va bene! Anche qui troviamo i sette balordi, eh, non pensate che la compagnia di eroi non ci sia!

E pensare che la trama era così interessante! Guo Jing è un giovane eroe, un po’ semplice, ma forte e coraggioso, che si muove sullo sfondo delle lotte tra cinesi e mongoli. Troviamo addirittura Gengis Khan, con riferimenti storici ben precisi. Ma ho trovato davvero difficile seguire la storia, perché infarcita di tutte le descrizioni di mirabolanti combattimenti, che mi hanno fatto più volte perdere il filo del racconto. Per non parlare poi dei nomi, davvero impronunciabili e impossibili da ricordare, ma questo lo avevo messo in conto. 

Probabilmente non sono stata in grado di apprezzare appieno questo romanzo, probabilmente il tipo di narrazione non fa per me, l’ho trovata noiosa e lenta, e questo, incredibile ma vero, mi porta ad affermare che mai e poi mai leggerò i successivi capitoli della saga!

Voi avete intenzione di leggere La leggenda del cacciatore di aquile? Mi fate sapere cosa ne pensate?

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NdA: il libro mi è stato fornito perché potessi recensirlo. Questo non ha influito sulla mia opinione.

 

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