Il club delle lettrici compulsive

L’equilibrio delle lucciole – Valeria Tron

L'equilibrio delle lucciole Book Cover L'equilibrio delle lucciole
Valeria Tron
Narrativa
Salani
2022
Digitale - Cartaceo
400
Fornito dalla Casa Editrice

Ogni punto di partenza ha bisogno di un ritorno. Per riconciliarsi con il mondo, dopo una storia d'amore finita, Adelaide torna nel paese in cui è nata, un pugno di case in pietra tra le montagne aspre della Val Germanasca: una terra resistente dove si parla una lingua antica e poetica. È lì per rifugiarsi nel respiro lungo della sua infanzia, negli odori familiari di bosco e legna che arde, dipanare le matasse dei giorni e ricucirsi alla sua terra: ‘fare la muta al cuore', come scrive nelle lettere al figlio. Ad aspettarla – insieme a una bufera di neve – c'è Nanà, ultima custode di casa, novant'anni portati con tenacia. Levì, l'altro anziano che ancora vive lassù, è stato ricoverato in clinica dopo una brutta caduta. Isolate dal mondo per quattordici giorni, nel solo spazio di quel piccolo orizzonte, le due donne si prendono cura l'una dell'altra. Mentre Adelaide si adopera per essere utile a Nanà e riportare a casa Levì, l'anziana si confida senza riserva, permettendole di entrare nelle case vuote da tempo, e consegnandole la chiave di una stanza intima e segreta che trabocca di scatole, libri ricuciti, contenitori e valigie, in cui la donna ha stipato i ricordi di molte vite, tra uomini, fiori, alberi e animali, acqua e tempo. Una biblioteca di esistenze, di linguaggi, gesti e voci, dove ogni personaggio è sentimento, un modo di amare. Fotografie, lettere, oggetti che sanno raccontare e cantare il tempo: di guerra e povertà, amori coltivati in silenzio, regole e speranza, fatica e fantasia. Un testamento corale che illumina le ombre e le rimette in equilibrio. La bellezza intensa che respira oltre la vita e rimane in attesa di parole. Tuffarsi nella memoria significa avere il coraggio di inventare un altro finale e vivere oltre il tempo che ci è stato concesso, per ritrovare il luogo intimo di ognuno. La casa.

Oggi parliamo di L’equilibrio delle lucciole, un libro scritto da Valeria Tron e pubblicato da Salani.

Ho avuto la possibilità di leggere L’equilibrio delle lucciole grazie alla Casa Editrice Salani, che me ne ha regalata una copia e che ringrazio. Sono stata subito incuriosita da questo romanzo, grazie alla copertina (si si lo so, sono sempre io, quella che si fa catturare dalle copertine!) e anche e soprattutto dalla trama. Ho iniziato a leggere il libro e già dalle prime pagine sono stata catapultata nella mia infanzia, quando andavo da nonna al paesello (si tratta di un minuscolo paesino, composto da quattro case o poco più, vicino a Civitella del Tronto, in Abruzzo. Se non ci siete mai stati, beh, una capatina ve la consiglierei!). 

Mi torna in mente la scatola di bottoni con cui giocavo da bambina a casa di Memè, sicuramente più grande ma dello stesso metallo fiaccato che aveva perso la doratura.

Anche a casa di mia nonna c’era una scatola di bottoni con cui io giocavo ogni volta che andavo da lei, era anzi uno dei miei giochi preferiti (ma sfido chiunque ad aver avuto una nonna senza la scatola di bottoni!)

L’ambientazione della storia non è l’Abruzzo, ma la Val Germanasca in Piemonte, ma è proprio tutta l’atmosfera ad avermi ricordato mia nonna, le sue compaesane, e le casine in cui vivevano. 

Come Nanà, la reale protagonista del romanzo, anche mia nonna aveva sempre il fazzoletto sulla testa o sulle spalle, che era rigorosamente abbinato al grembiule. Aveva i capelli, sottilissimi e lunghissimi, sempre intrecciati in una crocchia fissata con delle forcine sulla nuca, che io mi divertivo a togliere e a rimettere. 

Il vestito di Nanà sembra essere lo stesso da sempre, anche in questo caso abitudine e parsimonia vanno a braccetto. Non è difficile interpretare il suo calendario: nei giorni feriali vestito e grembiule scuri e fazzoletto sulle spalle in tono; nei giorni festivi il vestito è appaiato a un grembiule meno liso e a un fazzoletto di stoffa chiara. Punto. Nessun altro vezzo.

Adelaide, detta Ade, a causa della separazione dal compagno decide di tornare nella vecchia casetta della sua infanzia, dove Nanà, Levì, Dando Lena e tutti gli altri l’hanno coccolata e cresciuta. Qui ritrova la sua Nanà e scopre che Levì (al secolo Valente) è stato ricoverato in una residenza per anziani a causa di una brutta caduta con frattura del femore. 

Insieme a Nanà, Ade ripercorre la vita dei suoi cari paesani, scoprendo storie d’amore, ma anche di violenze domestiche che lei non conosceva. 

Il romanzo è poeticissimo, mi sono incantata a leggere la storia di Nanà, questa vecchina ultranovantenne, che davvero tanto mi ricorda mia nonna, non per la storia ovviamente ma per il suo modo di fare e la sua dolcezza nei confronti di Ade. 

I personaggi del romanzo sono meravigliosi; oltre a Nanà di cui mi sono letteralmente innamorata, non posso dimenticare Levì, anch’egli novantenne che non sopporta di vivere lontano dai suoi monti, dai suoi boschi, dalla sua casa. 

I vecchi dicevano che non è l’uomo a scegliere il suo elemento, bensì il contrario […] Le foreste e Levì: così simili anche nelle piccole cose. Pieni di voci sottili, abitudini e destini, a difendersi dal tempo e dagli eventi.

E poi Dando Lena, sorella di  Nanà, donna forte, determinata, che però ha tanto sofferto in giovinezza, e Dando Irma, gioiosa, divertente e anche un po’ “monella”.

Nanà è primavera, così attenta alla vita, speranzosa anche oggi, timida come un bucaneve. Dando Irma sventola l’estate, con la sua vivacità e il temperamento spensierato. Memè è come l’autunno: premurosa e pronta al sacrificio; poi, Dando Lena: l’inverno. Così rigido e severo eppure custode dell’amore dolce, ben riparato sotto strati di ghiaccio. Sorprendete, nel suo ermetismo di neve.

C’è il racconto di un paese, delle usanze di queste zone, dei credi religiosi, delle imposizioni dei padri verso le figlie (il racconto di Nanà affonda le sue radici all’inizio del secolo, prima, durante e dopo la Prima guerra mondiale).

A farla da padrone, inoltre, è il linguaggio usato, il patois, misto di francese e italiano, che in Italia viene parlato in Val d’Aosta e in alcune zone del Piemonte. All’inizio, devo essere sincera, questi continui dialoghi tra Ade, in italiano, e Nanà, in patois, mi avevano un po’ infastidita. Anche se c’è immediatamente la traduzione, è come se spezzassero il racconto e quindi mi hanno disturbata. Proseguendo con la lettura, però, non solo ho cominciato a intuire quello che Nanà dice nella sua lingua, ma l’ho trovato poetico, delicato, un valore aggiunto a un racconto decisamente molto coinvolgente.

Inutile dire che la lettura di questo romanzo mi ha davvero ammaliata, l’ho letto in brevissimo tempo, non sono riuscita a staccare gli occhi dalle sue pagine, rapita da questa ultranovantenne e dalla sua storia, che è la storia di una comunità.

Ve lo consiglio? Assolutamente sì! Sarete rapiti e trasportati in un mondo magico, di altri tempi, di pace e dolcezza, di tradizioni e costumi che forse un po’ (a chi ha la mia età) ricorderà la propria infanzia.

Avete letto L’equilibrio delle lucciole? Vi aspetto per commentarlo!

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NdA: il libro mi è stato fornito perché potessi recensirlo. Questo non ha influito sulla mia opinione finale.
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