Il club delle lettrici compulsive

La casa sul promontorio – Romano De Marco

La casa sul promontorio Book Cover La casa sul promontorio
Romano De Marco
Thriller
Salani
2022
Digitale - Cartaceo
288
Fornito dalla Casa Editrice

Mattia Lanza è lo scrittore più amato d'Italia, il più venduto, il più invidiato, il più tradotto all'estero. Ha una bella famiglia, un'agente che farebbe qualunque cosa per lui, un appartamento a New Yorke abbastanza soldi per soddisfare ogni possibile desiderio. Insomma, una vita da sogno. Fino alla sera in cui sua moglie ei loro due figli vengono massacrati. Due anni dopo quei fatti di sangue, assolto nel processo che lo ha visto unico indagato per il triplice omicidio, Mattia Lanza decide di tornare a scrivere. Per farlo, sceglie di isolarsi in una villa nascosta dalla vegetazione, sul promontorio di Punta Acqua Bella, in Abruzzo, un paradiso affacciato sul mare. L'incontro casuale con una donna, Eva, sembra riportargli sensazioni che da troppo tempo non viveva, compresa l'ispirazione letteraria. Ma il passato continua a tormentarlo: gli incubi, le visioni angoscianti, i presagi di sventura non gli danno pace. Di chi sono gli occhi che lo spiano di notte? Chi è l'inquietante anziana che lo segue ovunque vada e lo fissa in silenzio? E cosa sono gli strani oggetti che ha trovato nella casa, che sembrano rimandare a un vicino cimitero di guerra? Svelando la verità con continui colpi di scena, questo thriller di Romano De Marco indaga la complessità delle relazioni e ci mostra fin dove è disposto a spingersi l'essere umano per assecondare i propri desideri.

Oggi parliamo di La casa sul promontorio, un romanzo scritto da Romano De Marco pubblicato da Salani.

Qualche di tempo fa ho avuto la possibilità di leggere un romanzo di Romano De Marco, Nero a Milano, e ne sono rimasta folgorata. Perciò appena ne ho avuto l’occasione, ho preso in mano un altro suo romanzo e ho cominciato a leggerlo, piena di grandi aspettative.

Mi sono trovata però a leggere un romanzo completamente diverso dal precedente, scritto con stile e ritmo completamente differenti.

Mattia Lanza è un autore di gialli che hanno successo a livello mondiale, e i suoi romanzi sono stati in parte trasposti nelle versioni cinematografiche.

Un giorno, però, rientrando a casa trova la propria famiglia trucidata. 

Dopo un periodo di grande depressione, durante cui non riesce a scrivere nemmeno una riga, viene convinto dalla sua agente, Giulia Brandi, a passare le vacanze estive presso una villetta in affitto a Punta Acquabella, un promontorio sul mare, in provincia di Ortona, in Abruzzo. 

Qui conosce Eva, e da quel momento la sua vita subisce una svolta.

Come dicevo, il romanzo è diversissimo da Nero a Milano. Il ritmo, come accennavo, è molto più lento, molto più riflessivo. I personaggi, Mattia e Eva, principalmente, ma anche gli altri, sono ben caratterizzati. Mattia è uno scrittore, che subito mi ha dato l’impressione di ambiguità e mi è sembrato contornato da un alone di mistero, probabilmente effetto voluto dall’autore a causa del gravissimo lutto di cui il personaggio è stato vittima. Sfido chiunque a trovare la propria famiglia uccisa, moglie e figli, e rimanere sano di mente. 

Quando qualcuno che ami ti viene strappato via in questo modo è come subire una mutilazione permanente. però i bambini sono un’altra cosa…non so come spiegarlo. Si può imparare a vivere con un arto amputato, farsene una ragione, ricominciare e cercare nuovi stimoli. Ma sopravvivere ai figli è qualcosa che va contro ogni logica, contro la stessa natura. È un oltraggio del destino, la condanna a una sofferenza lenta, infinita. Significa svegliarsi ogni santa mattina con questo groppo in gola, come se una mano invisibile ti strappasse ogni volta il cuore e ti rendesse cieco di fronte al mondo, alle cose, agli affetti.

Eva, d’altro canto, ha anch’essa dei lati che rimangono oscuri per buona parte del romanzo. Vuole essere una donna indipendente, che non ha bisogno dell’aiuto di nessuno, ma in realtà è fragile e spesso, come Mattia, ha dei comportamenti contraddittori, che inizialmente fanno rimanere interdetti, ma che trovano spiegazione nel prosieguo del romanzo. 

Uno dei temi che troviamo in La casa sul promontorio è, infatti, la violenza domestica, che viene trattata apparentemente in maniera superficiale, ma che invece è alla base di molti dei comportamenti contraddittori di Eva e sarà la spinta a eventi che si susseguiranno nella narrazione. 

All’inizio esisti solo tu. Ti senti importante, desiderata, apprezzata. Ti convincono di essere interessati a qualcosa di più che portarti a letto e considerarti una proprietà privata. Riescono a farti credere che per loro il sole sorge e tramonta insieme all’idea di te. Occupare uno spazio così totalizzante nella vita di qualcuno, ti spinge a pensare di essere speciale, di avere qualcosa in più delle altre. Poi, un giorno, ti rendi conto che non era un’impresa difficile conquistarli. perché quello che c’era prima, dentro di loro, era il vuoto. Un buco nero spaventoso in cui ti gettano e t’imprigionano.

Quello che però De Marco riesce a fare è scavare nell’animo umano. Da una parte troviamo un padre e marito a cui è stata tolta in maniera cruenta la propria famiglia, e dall’altra, nella stessa persona, c’è l’autore, il narratore che deve per forza trovare ispirazione e risorgere dalle sue macerie. 

I personaggi dunque hanno una psicologia spinta all’estremo, delle specie di Dottor Jekyll e Mister Hyde, l’apparenza bonaria che però potrebbe nascondere qualsiasi cosa. 

E infatti, il romanzo, che procede abbastanza in maniera lineare, a parte colpi di scena che destano l’attenzione del lettore, nel finale prende una via che insinua il dubbio nel lettore, che non riesce a capire più qual è la finzione e qual è invece la realtà dei fatti. 

Ed è esattamente quello che mi è capitato. Ho letto il libro, per buona parte, come se avessi in mano sì, un buon romanzo, coinvolgente, ben scritto, fluido, interessante, ma non più di tanti altri gialli o thriller che ho avuto il piacere di leggere. 

Invece, a un tratto, mi sono resa conto che non riuscivo più a capire se quello che stessi leggendo fosse la realtà del personaggio o quello che l’autore volesse farci credere… e questo dubbio permane fino alla fine, anzi anche dopo la fine della lettura. E questo ha reso il romanzo unico, sicuramente diverso da altri gialli.

Menzione a parte, merita l’ambientazione. Lo so, sono campanilista, ma non potete capire il mio orgoglio nel vedere descritta Ortona, cittadina piccola ma meravigliosa. E pure, ho gongolato quando Romano De Marco menziona i piatti tipici della zona. 

Unica annotazione, non si può assolutamente dire che gli arrosticini sono spiedini di carne di pecora! Occhio, perché un abruzzese potrebbe togliervi il saluto per un’affermazione del genere! Nonostante l’aspetto sia simile a quello degli spiedini, dietro agli arrosticini c’è una tradizione ben più ampia, e fa ormai parte della cultura culinaria abruzzese. Ah, altra piccola nota, non si cucinano gli arrosticini sulla griglia ma sulla fornacella, che è tipica e usata solo per gli arrosticini!

Dopo questa dimostrazione di campanilismo, non mi resta che consigliarvi di leggere questo bel thriller, che vi lascerà senz’altro un vuoto quando lo terminerete e vi porterà a continuare a rifletterci sopra per molto tempo, perché non tutto è come sembra.

Dal canto  mio, dopo aver letto questi due romanzi così diversi fra loro, non tarderò a procurarmene un terzo, per capire quanto e come sia eclettico questo autore.

Avete letto La casa sul promontorio? Lo leggerete? Vi aspetto per commentarlo!

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NdA: il libro mi è stato fornito perché potessi recensirlo. Questo non ha influito sulla mia opinione.

 

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