Il club delle lettrici compulsive

Non chiamatelo revenge porn – Francesca Florio – Considerazioni sparse

Non chiamatelo revenge porn Book Cover Non chiamatelo revenge porn
Francesca Florio
Saggio
Mondadori
2022
Digitale - Cartaceo
192
Fornito dalla Casa Editrice

Non chiamatelo revenge porn racconta le storie vere di donne e ragazze che, senza alcuna colpa, hanno visto tradire la fiducia che avevano riposto in persone sbagliate. Oltre a queste storie di vite violate, Francesca Florio, grazie alla sua competenza in materia di diritto, fornisce strumenti e consigli legali per aiutare a prevenire il fenomeno e a proteggere le vittime future di questa ennesima forma di violenza di genere.

"Revenge porn" (traducibile con "porno per vendetta") è l'espressione con cui viene comunemente indicata la diffusione non consensuale di immagini o video sessualmente espliciti da parte di un individuo – spesso un ex partner – allo scopo di denigrare la persona che compare nelle immagini, perlopiù donne e ragazze. Ma questi contenuti non sono semplici "vendette" e di sicuro non sono porno, ma una vera e propria forma di abuso sessuale. Con la loro diffusione si vuole infatti punire la donna con la gogna pubblica, sapendo che chi li guarderà esprimerà un giudizio su di lei semplicemente perché l'ha vista nuda o, "peggio", in atteggiamenti sessualmente espliciti. Ma perché queste donne vengono perseguitate, additate come poco di buono, minacciate e dileggiate pubblicamente? Le immagini che ne "rovinano la reputazione" non sono fotografie in cui la vittima compare nell'atto di commettere un crimine abominevole o di compiere un gesto malvagio; non si tratta di testimonianze di comportamenti riprovevoli che ne dovrebbero compromettere la rispettabilità, ma sono solo momenti di intimità violati, l'espressione di una libera sessualità che viene però associata a qualcosa di abietto e disgustoso solo perché vissuta da una donna. Non chiamatelo revenge porn racconta le storie vere di alcune di queste donne e ragazze che, senza alcuna colpa, hanno visto tradire la fiducia che avevano riposto in persone sbagliate. Oltre a queste storie di vite violate, Francesca Florio, grazie alla sua competenza in materia di diritto, fornisce strumenti e consigli legali per aiutare a prevenire il fenomeno e a proteggere le vittime future di questa ennesima forma di violenza di genere.

Oggi partecipiamo al blog tour di Non chiamatelo revenge porn, un libro scritto da Francesca Florio e pubblicato da Mondadori. Prima di cominciare, vi lascio il banner dell’evento in modo che possiate recuperare le tappe delle altre bravissime blogger che vi hanno preso parte e farvi così un’idea più completa del libro.

Non chiamatelo revenge porn

Considerazioni sparse perché non riesco a fare una recensione o una tappa di approfondimento su un tema come questo… Già è super difficile non scadere nella retorica…

ATTENZIONE: QUESTO SARÀ UN ARTICOLO POLEMICO, MOLTO PROBABILMENTE PIENO DI PAROLACCE. Vi avviso fin da subito. Così come quando mando messaggi vocali mentre sono animata dalla rabbia feroce, lo dico anche a voi: se siete sensibili, impressionabili, se il turpiloquio vi turba, ecc, cambiate pagina. In ogni caso, nulla di quanto vi dirò vi farà mai provare il dolore che hanno provato le persone protagoniste di queste storie. Eh sì, ci va un attimo per passare da persona a vittima di revenge porn.

E a essere ricordate solo per questo. Lo so, è un’affermazione forte, ma è vero. Potrei farvi degli esempi, tuttavia non lo farò perché non mi voglio prestare a questo giochetto anche io.

Attraverso il revenge porn in senso stretto, difatti, l’aggressore vuole punire la donna con la gogna pubblica, e lo fa sapendo che gli spettatori insorgeranno contro di lei (nella migliore delle ipotesi limitandosi a coprirla di insulti ed epiteti ingiuriosi, nella peggiore sviluppando un’ossessione molto più pericolosa) semplicemente perché l’hanno vista nuda, o “peggio”, in atteggiamenti sessualmente espliciti.

Provando a distaccarci emotivamente da questo tipo di vicende e analizzandole dall’esterno, il tutto dovrebbe apparirci oltremodo assurdo: queste donne vengono perseguitate, additate come poco di buono, minacciate e dileggiate pubblicamente per che cosa, nello specifico?

Le immagini che ne rovinano la “reputazione” non sono fotografie in cui la vittima compare nell’atto di commettere un crimine abominevole o di compiere un gesto malvagio. Non si tratta di testimonianze di comportamenti riprovevoli che ne compromettono la rispettabilità, bensì ritraggono un momento di intimità, l’espressione di una libera sessualità che viene però associata a qualcosa di abietto e disgustoso.

Il problema del nostro Paese, oltre al bigottismo imperante, è la diffusa mentalità patriarcale. Il maschilismo e il machismo sono talmente tanto interiorizzati che si fanno fatica a distinguere, a percepire, vanificando così anni di lotte per la parità dei diritti.

Nel caso del revenge porn, poi, la situazione è ancora più palese perché viene fatto sistematicamente del victim blaming, ovvero si biasima la vittima che si è fidata troppo o che in un certo modo si è meritata la reazione da parte dell’ex. In realtà, queste persone hanno solo avuto la sfortuna di incontrare sul proprio cammino unə ex stronzə e criminale, di qualsiasi genere sia.

Sì. Stronzə e criminale. Lo dico, lo ripeto e lo sottolineo: stronzə criminale. Scusate, non ci possono essere mezzi termini, qui. Se siete animi sensibili o fiorellini del bosco, cambiate articolo, siete già statə avvisatə.

Tuttə facciamo sesso. Tuttə. Lo fanno le mamme, lo fanno i papà, lo fa la vostra dottoressa, lo fa il vostro avvocato, lo fa la vostra dentista, lo fa l’amministratrice di condominio e perfino il professore di vostro figlio.

E io vi vedo. Oh, sì, vi vedo che pensate: beh, ma a me non interessa mica, finché sono bravə nel loro lavoro, sono brave persone e non usano la violenza per ottenerlo, il suddetto sesso.

Già. E allora perché quando capitano queste cose alcune persone vengono spinte addirittura a licenziarsi? Hanno violentato qualcuno? Sono statə manchevolə in qualcosa sul lavoro, in un modo così grave da meritarsi di perderlo? Oppure hanno proprio solo incontrato unə stronzə?

Perché questo è. E questo ragionamento è valido sempre, perché la violenza è violenza, qualsiasi sia il genere di chi la subisce.

Come dice Francesca Florio, infatti, gli uomini non godono di immunità:

Allo stesso modo, quando sono gli uomini, invece, a essere colpiti, il medesimo sistema valoriale corrotto si applica nei loro confronti. Per quanto a essere giudicata non sia direttamente la moralità del singolo, in quanto è accettato che l’uomo manifesti i propri appetiti sessuali, ciò che viene messo sotto la lente di ingrandimento è la performance resa, la virilità manifestata. Anche il semplice e fisiologico desiderio di privacy di un uomo può essere interpretato come mancanza di mascolinità: la sola possibilità che ci si possa sentire violati nell’essere esposti durante un atto così intimo è un sentimento percepito come del tutto femminile. Un “vero uomo” sarebbe fiero e orgoglioso di mostrarsi in tutta la sua maestosità, di dare sfoggio della propria abilità di seduttore. Se prova vergogna è perché ha qualcosa da nascondere. Tutto ciò ha ovviamente delle ripercussioni anche in termini di mancate denunce da parte delle vittime di sesso maschile, che spesso non si rivolgono alle autorità proprio per timore di non essere prese sul serio.

Avrei voluto leggere Non chiamatelo revenge porn con calma, restando distaccata, da lettrice imparziale, ma mi è stato davvero impossibile farlo. Mi si è sbriciolato un pezzetto di cuore a ogni storia, a ogni dettaglio. Perché oltre alle minacce, alle molestie, alla vergogna provata dalle vittime, nessuno pensa mai al dolore del tradimento subìto. Perché magari lasci una persona perché per te non va più bene, perché crescendo si cambia in modi differenti, perché semplicemente non provi più quello che provavi un tempo… ma non c’è rispetto dell’amore che c’era prima, della confidenza data, del tempo trascorso insieme. Anche per quanto riguarda le storie di una notte… Il concetto non cambia

Come se ne esce? Eh, ottima domanda. Se ne esce cercando di cambiare la mentalità della gente. E bisogna armarsi di pazienza perché è un processo lungo, doloroso, difficile e inevitabilmente ci saranno altre vittime lungo la strada. Finché il giudizio si abbatterà su chi denuncia, uomo o donna che sia, finché si derubricherà tutto a goliardata, finché il primo pensiero sarà “te la sei cercata”, non andremo da nessuna parte. Ecco perché, con questo pippone che non è un articolo vero e proprio, non è una recensione, non è un approfondimento nel senso stretto della parola, voglio invitarvi a riflettere.

Se dovessero mai arrivarvi foto o video, invece di ridere, denunciate. Se conoscete la vittima, statele accanto, non abbandonatela. Non giudicate. Non puntate il dito. Se avete letto Non chiamatelo revenge porn, avrete capito che le dinamiche di possesso si possono scatenare in qualsiasi momento, anche da parte di insospettabili. Perché, alla fine, è solo questo. Possesso. Tu smetti di essere una persona per diventare una cosa della quale disporre. E siccome hai “sbagliato”, meriti di essere punitə.

Se sei unə sopravvissutə o se stai vivendo un momento terribile, per prima cosa ti abbraccio forte. Non arrenderti, non mollare. Hai subìto un’ingiustizia tremenda, non devi pagare tu. Non è colpa tua, non sei tu ad aver commesso un reato.

In Non chiamatelo revenge porn ci sono anche delle dritte su come difendersi e sui passi legali da fare. Nella speranza che non vi serva mai, tenetelo a mente.

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NdA: il libro mi è stato fornito perché potessi recensirlo. Questo non ha influito sulla mia opinione finale.

 

Pubblicato da Sara Emme

Sono Sara e sono una lettrice compulsiva. Ho vissuto in Cina dal 2009 al 2017. Oltre ai libri, amo i viaggi, la fotografia, i gatti e la buona cucina. Appassionata di Harry Potter e del magico mondo creato dalla Rowling, passo la vita trascinando il mio povero marito (sant'uomo!) per i parchi a tema sparsi per il mondo.

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