Il club delle lettrici compulsive

Le donne nella musica – Blog Tour Il cuore è un organo – F. Michielin

Le donne nella musica è la tappa che ho scelto per partecipare al blog tour di Il cuore è un organo, il libro d’esordio di Francesca Michielin, pubblicato da Mondadori. Prima di cominciare, vi lascio il banner dell’evento in modo che possiate recuperare le tappe delle altre bravissime blogger che vi hanno preso parte e farvi così un’idea più completa del libro.

le donne nella musica

Il libro:

Il cuore è un organo – Francesca Michielin

le donne nella musica

«Non cerco nulla. Non ho bisogno di nulla. Non penso quasi a nulla. È uno di quei periodi in cui vago nella mia vita come potrebbe fare un passante, un turista, un cavaliere errante, un personaggio secondario, sicuramente non come la protagonista della mia avventura, quale dovrei essere fino in fondo e, in fondo, sono.»

Questa è la storia di Verde, cantautrice poco più che ventenne all’apice del successo con un’innata propensione a sezionare con cura i sentimenti; ma è anche la storia di Regina, vecchia gloria della musica leggera con una naturale predisposizione all’eccentricità; e sì, è anche la storia di Anna, che senza saperlo le ha fatte entrare l’una nella vita dell’altra. Ma soprattutto, è la storia di un incontro tra donne apparentemente molto diverse tra loro, accomunate però da una stessa, viscerale passione per la musica e da uno stesso e profondo dolore, uno di quelli che ti premono sul petto fino a spezzarti la voce e ti fanno desiderare di sparire. Un’amicizia nata un po’ per caso e che si trasforma, giorno dopo giorno, in una rivoluzione sotterranea lenta ma inarrestabile destinata a cambiarle per sempre. E a far accettare il fatto che talvolta, proprio quando nulla si spiega più, quando nulla è più incasellabile e ordinato, proprio allora, tutto inizia ad avere improvvisamente senso. Con Il cuore è un organo, Francesca Michielin ci regala una storia tutta al femminile che apre una nuova finestra sul suo mondo, che in parte conosciamo già grazie alle sue canzoni ma che qui, di pagina in pagina, raggiunge un’intensità e una profondità inedite e toccanti.

In realtà, questa tappa è incentrata sul femminismo nella musica e ora vi spiego il perché. La parità di genere, praticamente in ogni campo, è ancora molto lontana. Spesso abbiamo parlato qui sul blog delle difficoltà che hanno incontrato le donne nel corso dei secoli; ho scritto, tra i tanti, due articoli, di cui vado molto fiera, in cui ho fatto un excursus sulle donne nella scrittura e nella pittura.

Ovviamente sono articoli che servono a dare un’infarinatura generale sull’argomento, non ho la pretesa di aver scritto una tesi di laurea o un trattato di sociologia, tuttavia ritengo che possano essere un buon punto di partenza per fare ricerche ancora più approfondite e per iniziare a vedere le cose da un altro punto di vista. Ecco quindi perché oggi parliamo di donne che si occupano di musica a tutti i livelli.

Come vi ho già scritto nella recensione di Le streghe in eterno, la parola femminismo ha una definizione ben specifica, che è questa:

Movimento di rivendicazione dei diritti economici, civili e politici delle donne; in senso più generale, insieme delle teorie che criticano la condizione tradizionale della donna e propongono nuove relazioni tra i generi nella sfera privata e una diversa collocazione sociale in quella pubblica.
[Cit. Treccani]

Tenete sempre ben presente la definizione quando si tocca questo argomento, non lasciatevi fuorviare da idee malsane, per cortesia.

L’obiettivo è l’equità, l’uguaglianza, è avere le stesse possibilità nonostante siamo portatrici sane di vagina (o ci sentiamo tali. Se ti senti donna, sei donna. Non ci sono TERF, qui).

Qualche giorno fa mi è capitato davanti questo articolo di Rolling Stone. Il titolo: Nella musica italiana c’è un gender gap grande come uno stadio.

 Ohibò! Non capita mai, vero? Ve ne cito un pezzetto:

Il fatto che gli uomini vendano più delle donne, soprattutto in Italia, è cosa nota da tempo, ma là dove il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito. Il problema, in effetti, non è qualitativo, ma strutturale: le artiste femmine non vendono semplicemente meno, sono meno, soprattutto quelle che riescono a mantenersi con la musica. Lo rilevano tutti i dati, da tempo.

Per leggere l’articolo completo, scritto da Marta Blumi Tripodi, cliccate qui.

Perché alle donne vengono date meno possibilità? Perché alle donne viene imposto un messaggio da veicolare? Me lo chiedo da quando ho visto questo pezzetto di intervista a Simona Molinari su La stampa:

Questo articolo sembra più un flusso di coscienza rispetto agli altri che sono scritti in modo più organizzato, ne sono ben consapevole, ma leggere certe cose mi fa andare il sangue alla testa. Ogni giorno, ognuna di noi è esposta a insulti e/o critiche per il suo modo di vestire, di camminare, di muoversi e tutto questo crea un ambiente tossico a ogni livello. Da poco ho letto anche un articolo su Elle in cui si parla di commenti sessisti in merito all’ultimo video musicale di Elodie. Lei è una donna strutturata, forte, determinata e non si è fatta problemi a rispondere per le rime a chi le ha dato, cito testualmente, della “panterona smandrappona”. Mi fa schifo anche solo doverlo copiare qui, ve lo giuro. Perché queste parole, dette a persone meno forti, possono creare danni enormi.

Intendiamoci, ogni insulto può ferire chiunque lo riceva, non è prerogativa delle donne. Però perché è normalissimo che un uomo faccia un video in cui balla mezzo nudo, ma se lo fa una donna automaticamente diventa qualcosa da biasimare? Inutile nascondersi dietro un dito, dai.

In passato, alle donne erano precluse un sacco di attività. Non potevano studiare, non potevano essere indipendenti dal punto di vista economico, le fortunate che facevano parte di famiglie illuminate, per farsi prendere sul serio, dovevano pubblicare libri sotto pseudonimo (cosa che accade anche al giorno d’oggi, non è un caso che alcune autrici pubblichino romanzi rosa con un nome e altri generi con altri nomi). Le donne che facevano parte di famiglie abbienti venivano educate all’intrattenimento, quindi conversazioni educate e gradevole capacità di suonare uno strumento musicale. Lo scopo? Trovare un marito altrettanto ben inserito (e magari nobile), per contrarre (come se fosse una malattia) un matrimonio vantaggioso.

Se poi, grazie a un’improvvisa velleità artistica, la famiglia di origine poteva guadagnare qualcosa, allora ben vengano le figlie artiste… ma solo fino a una certa età. Il primissimo esempio che mi viene in mente è Nannerl Mozart. Ne ho parlato in modo approfondito qui, nella recensione di Il regno capovolto, una storia scritta da Marie Lu che mette la giovane Maria Anna, per una volta, in una posizione di vantaggio rispetto al ben più famoso fratello. Questo libro non mi ha fatta impazzire, ma mi ha permesso di iniziare a parlare del femminismo e delle donne nella musica proprio perché Marie Lu ha sprecato l’occasione di far sentire, dopo quasi tre secoli, la voce di chi non ha potuto gridare la sua frustrazione al mondo perché la società glielo ha impedito. Sappiamo dalle lettere che ci sono pervenute che Nannerl era una compositrice e una polistrumentista bravissima. Quindi dove sono i suoi pezzi? Perché non risuonano ancora oggi nelle sale concerto?

Ribadisco, questo è solo un esempio, ma ce ne sono decine e decine! Facendo ricerca, ho letto anche questo articolo pubblicato su Donne.it lo scorso marzo e mi sono venuti i brividi perché i numeri parlano chiaro: solo il 17% delle donne riesce a vivere di musica. Ma la cosa più indicativa è un’altra e ve la evidenzio qui, citando proprio l’articolo che vi ho appena linkato:

Oltre alle compositrici, un altro esempio sono le musiciste, che molto spesso sono penalizzate dal loro genere in fase di audizione. Una delle modalità adottate per superare i pregiudizi, in particolare quando si devono assumere gli orchestrali, è quella della “blind audition” (audizioni cieche): le performance si svolgono dietro un pannello per impedire alle commissioni di essere influenzate dal genere dell’artista. Stando allo studio “Orchestrating Impartiality” del 2000, le opportunità per le donne di essere assunte come orchestrali salgono del 25% se partecipano a una blind audition.

Perché? Com’è possibile che cose simili accadano ancora oggi?

Sicuramente, il maschilismo è talmente interiorizzato in alcuni soggetti che diventa difficile combatterlo, ma non è una cosa generalizzabile. E non riesco a capire davvero come, a pari capacità, il genere sessuale possa diventare un criterio di valutazione. E lo è, perché altrimenti non si spiegherebbe il 25% di donne assunte nelle orchestre nelle blind audition.

Ma non è solo questo. Pensateci, guardatevi intorno. Quante cantanti donne avete visto a Sanremo quest’anno? Tante rispetto al solito, ma sempre meno degli uomini in gara. E a X-Factor? Ve lo dico io: due su dodici concorrenti. E ad Amici? Due anche lì. Su nove cantanti. Non che alle ballerine sia andata meglio, ma ci torneremo più avanti.

C’è un sacco di strada da fare. Decisamente! Se vi interessa approfondire l’argomento, vi lascio il link diretto di Equaly.
Cos’è? Vi copio un pezzetto del loro manifesto:

Equaly, nata nel 2021, è la prima realtà italiana che si occupa della parità di genere all’interno del music business.
Equaly è una community composta da cantautrici, interpreti, musiciste, producer, foniche, tour manager, direttrici di produzione, addette stampa, promoter, a&r, legal, product manager, licensing manager, studentesse che vogliono unirsi per fare rete e per far sentire la loro voce contro la discriminazione di genere.
Equaly è un richiamo, un invito a fare squadra per le donne e tutte le persone che si identificano nei generi sottorappresentati.

Il mio sogno è vedere più direttrici artistiche a Sanremo e meno vallette “che sanno come stare un passo indietro rispetto all’uomo (Vero, Amadeus?), più direttrici d’orchestra, più musiciste, senza però cadere nella trappola del pink washing (ovvero le quote rosa date per il genere sessuale. È sbagliato tanto quanto non dare spazi per lo stesso motivo).

Queste cose, comunque, capitano anche all’estero.
Facciamo un gioco? Chi ha detto questa frase?

«Io sono conosciuta per essere colei che scrive dei suoi ex ragazzi. Anche Ed Sheeran e Bruno Mars lo fanno, ma nessuno glielo fa notare così incessantemente.»

La risposta è Taylor Swift che ancora oggi, dopo non so quanti album, premi e tour mondiali, è sempre la ragazzina che parla dei fidanzatini e non un’autrice di successo che scrive delle sue esperienze o, ancor più facilmente, delle cose che la ispirano. Non è l’unica, ovviamente. Questa frase è stata estrapolata da un articolo ben più lungo (che potete trovare qui), in cui si trovano artiste del calibro di Dua Lipa e Madonna.

Come avrete capito, nessuna è immune. Miley Cirus ha fatto accapponare la pelle a mezzo mondo quando ha dismesso i panni di Hannah Montana per mettersi a dondolare su una palla da demolizione… e vi dirò, ha fatto benissimo! Perché con quella Wrecking Ball ha demolito il perbenismo che la circondava da quando era una ragazzina, ha distrutto un personaggio per ritrovare la se stessa di quel momento specifico.

Riascoltiamola, dai!

 

Potrei (purtroppo) continuare per ore a portare esempi e testimonianze, perché davvero bastano cinque minuti su Google per imbattersi in articoli come questo: Non “sono solo canzonette”: gli stereotipi di genere nella musica italiana. Del resto, lo abbiamo sempre detto: come un libro non è mai solo un libro, la stessa cosa vale per tutto il resto, anche per la musica. E, inutile negarlo, il linguaggio influisce sul pensiero e sulle idee. Ecco perché, per esempio, noi usiamo la schwa e non parliamo solo al maschile.

Spero che questo mio discorso lungo e molto confuso vi abbia lasciato qualcosa su cui riflettere.

Vi saluto con Elisa Toffoli (QUELLA Elisa Toffoli!) che racconta di un produttore che, quando lei aveva solo quindici anni, le ha detto. «Sei carina, pensa a cantare lascia stare la scrittura e la composizione». Trovate l’articolo qui.

Comunque, leggete Il cuore è un organo. Francesca Michielin scrive molto bene. Non è un libro semplice per le tematiche che tratta, ma leggetelo. Vi garantisco che vi stupirà.

Resta connessə. Segui la nostra pagina Facebook e il nostro profilo Instagram, in modo da non perderti nemmeno una novità.

 

 

Pubblicato da Sara Emme

Sono Sara e sono una lettrice compulsiva. Ho vissuto in Cina dal 2009 al 2017. Oltre ai libri, amo i viaggi, la fotografia, i gatti e la buona cucina. Appassionata di Harry Potter e del magico mondo creato dalla Rowling, passo la vita trascinando il mio povero marito (sant'uomo!) per i parchi a tema sparsi per il mondo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.